Domenica di Pasqua – cattedrale di Imola
Quella che stiamo celebrando, fratelli e sorelle, è la “madre di tutte le feste”, fonte della vera letizia, che tra l’altro ha dato origine all’espressione “contento come una Pasqua”. Ma noi vorremmo che la festa non finisse… Perciò la liturgia sapientemente traccia un itinerario, che a partire da oggi si snoda per sette domeniche, fino al giorno di Pentecoste. Più che lasciarci alle spalle la Quaresima, oggi entriamo dunque in un percorso “in progress”: è la vita del Risorto, vita nello Spirito, nascosta ma reale, che comincia a manifestarsi rendendoci gioiosi anche in mezzo alle tribolazioni.
Senza pretendere di abbracciare con uno sguardo l’intero contenuto della Pasqua, ci soffermiamo su un tema particolarmente evidenziato nel brano del Vangelo: la dinamica della fede in Gesù risorto. Il racconto degli avvenimenti di quella mattina di inizio settimana, resa memorabile dalle corse al sepolcro da parte di alcune donne e di due apostoli, si conclude con una frase che verrà ripresa domenica prossima: «E vide e credette». È riferita a Giovanni, “il discepolo che Gesù amava”, cioè il discepolo per antonomasia, nel quale ci identifichiamo. Questa frase riguarda l’essenza stessa del nostro rapporto con Gesù, caratterizzato non dal vedersi e frequentarsi, ma dalla fede, da un affidamento fiducioso che non ha bisogno della fisicità dei sensi, ma si appoggia sulla Scrittura e sulla testimonianza di coloro ai quali Gesù è apparso.
Come abbiamo sentito nella prima lettura, parlando di Gesù ai pagani, l’apostolo Pietro afferma: «Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti». Da loro dunque ha avuto inizio una trasmissione, una catena, della quale siamo anelli anche noi. Nel passaggio del racconto evangelico di bocca in bocca, la Scrittura – cioè la parola fissata per iscritto – garantisce che esso non venga alterato. Nello stesso tempo, mostra che tutto si è svolto secondo un progetto, che si è compiuta la promessa fatta ai padri del popolo eletto. Ecco perché alla frase «E vide e credette» (v. 8) segue quest’altra: «Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti» (v. 9). La testimonianza dei discepoli che ci hanno preceduto, confermata dalla Scrittura, è la doppia base della fede nella risurrezione. Potremmo commentare, prendendo a prestito le parole dell’inno eucaristico: «Non i sensi, ma la fede, provano questa verità».
Una conseguenza importante: non si può essere discepoli senza diventare anche testimoni, senza compromettersi pubblicamente e senza trasmettere agli altri, a tutti coloro che si incontrano, la buona notizia ricevuta. Perciò papa Francesco ricorda con insistenza ai battezzati, in un contesto di privatizzazione della fede e di crescente pluralismo, che sono tutti missionari.
Carissimi, la nostra contentezza oggi è accresciuta dalla presenza di alcuni adulti che si sono preparati a ricevere il dono dello Spirito Santo. Come sapete, apparendo in mezzo ai discepoli la sera stessa del giorno della risurrezione, Gesù alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui rimetterete i peccati saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22s). Ci interessa rilevare lo stretto rapporto tra la glorificazione di Gesù e l’effusione dello Spirito, mentre non ci soffermiamo sulle diverse azioni di quest’ultimo. Voi cresimandi ora riceverete lo Spirito da Gesù risorto, presente invisibilmente in mezzo a noi. Diventerete così pienamente testimoni, capaci di confermare con il vostro comportamento quanto professate con le parole. Prima però rinnoviamo tutti insieme le promesse battesimali, cioè la formula più sintetica della fede.
Possa la Madonna, che supponiamo fosse quella sera nel cenacolo, rimanere sempre accanto a voi, custodirvi dai pericoli fisici e morali, infondervi amore al suo Figlio e docilità alle buone ispirazioni.