Solennità della B.V. Maria Madre di Dio (Messa per la giustizia e la pace) – cattedrale di Imola
Nella seconda lettura di questa celebrazione, che segue la Marcia della pace promossa dalla Consulta diocesana delle associazioni laicali, abbiamo ascoltato una frase pregnante: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio, nato da donna». Sottolineando il ruolo materno di Maria, si allude al fatto che Gesù Cristo è un uomo come noi “pur essendo di natura divina” (Fil 2,6). Si prende coscienza quindi di una grazia inimmaginabile: la trasformazione ed elevazione dell’uomo alla condizione divina, per partecipazione con il Figlio Unigenito di Dio. Maria ha avuto il merito di accoglierlo non solo nel suo grembo ma anche e prima ancora nel cuore, sede della libera volontà personale. Diventò madre sul piano della fede, acconsentendo e fidandosi della parola divina, prima di diventarlo sul piano biologico. A margine della testimonianza resa dai pastori che per primi riconobbero il carattere divino di quel neonato, il Vangelo nota che «Maria da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore». Viene quindi ripetutamente sottolineata la fede con la quale Maria partecipa fin dal momento del parto alla missione del figlio; e noi la contempliamo oggi non semplicemente come una madre riflessiva, ma soprattutto come discepola, partecipe della vita, con le sue gioie e le sue sofferenze, del bambino che le è stato donato.
Sant’Agostino osserva: «Dal cielo, per la nascita del Signore dalla Vergine … si fece udire l’inno degli angeli “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Come poté venire la pace sulla terra, se non perché la verità è germogliata dalla terra, cioè Cristo è nato dalla carne? “Egli è la nostra pace, colui che di due popoli ne ha fatto uno solo, perché fossimo uomini di buona volontà, legati dolcemente dal vincolo dell’unità”» (Dall’Ufficio delle Letture).
Noi imolesi, dal particolare rapporto che ci vincola alla Madre di Dio, a mio parere siamo aiutati a costruire la pace, tra noi, tra le etnie e tra gli Stati. Oggi tale costruzione passa anche dall’accoglienza lungimirante di quanti fuggono dalla guerra e dalla fame o sono costretti a lasciare la loro terra a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale. Non che possiamo ospitare sul nostro territorio grandi gruppi di immigrati, ma possiamo certo collaborare in modo ancor più significativo e a vari livelli nell’organizzare l’accoglienza, la protezione e l’integrazione. «Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo – scrive papa Francesco nel messaggio per la 51a Giornata mondiale della pace – questo sguardo contemplativo … realizzando la promessa della pace». E prosegue: «Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono».
Affidiamo alla Madonna, vera Madre di Dio e Madre nostra, il buon proposito di inizio dell’anno. Auguro con le parole di sant’Ambrogio che «sia in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio». Amen.