Di seguito il testo dell’omelia recitata dal vescovo di Imola monsignor Tommaso Ghirelli, giovedì 18 aprile nella cattedrale di San Cassiano, per celebrare la Messa Crismale del Giovedì Santo.
Cari fratelli nel sacerdozio ministeriale e cari fedeli, questa messa nella quale, a poche ore dall’inizio del triduo pasquale, si benedicono gli oli sacri, connette la passione e risurrezione del Signore con i sacramenti che ne prolungano l’efficacia nelle persone, lungo i secoli e nelle diverse culture. Nello stesso tempo, fa emergere il senso della consacrazione delle persone e delle cose mediante l’olio benedetto: esso simboleggia l’azione intima dello Spirito Santo, che tonifica e profuma consacrando a Dio e al bene, mentre sottrae al mondo del male. Don Augusto Bergamini, noto studioso di liturgia, definisce la messa crismale “epifania della Chiesa”. Lo stupore unito a gioia e timore in questo momento ci pervade e ci rende consapevoli di essere stati convocati a vivere un’esperienza straordinaria.
“Lo spirito del Signore è su di me”: a somiglianza di Gesù, tutti noi qui presenti siamo stati consacrati per compiere una missione che ci coinvolge, assorbe e caratterizza fino nelle fibre più profonde, facendo di noi il prolungamento di Gesù che rigenera, che rianima, che rende fecondi. Da una parte, tutti i cristiani ricevono nella iniziazione cristiana lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, la vitalità spirituale, la profezia del regno di Dio; dall’altra, alcuni tra loro vengono scelti dal Signore per essere tramite delle diverse forme di consacrazione operate dallo Spirito Santo. I ministri della Chiesa non costituiscono una casta, anche se sono portati a sostenersi vicendevolmente e vivono una duplice fraternità: quella dei diaconi e quella dei presbiteri attorno al vescovo. I vescovi a loro volta costituiscono un collegio che dà continuità al gruppo degli apostoli scelti personalmente da Gesù. Come unico sacerdote che rimane in eterno, egli rende partecipi della sua intercessione e della sua offerta tutti i membri della Chiesa, collegandoli tra loro in modo che formino un corpo con membra diverse, tra loro connesse, da cui risulta l’unità. È bene ridirci che tanto i laici quanto i loro ministri e formatori, in quanto partecipano al sacerdozio di Gesù, consacrano a Dio tutta la creazione, tutta la vita. Così, non si finisce mai di stupirsi delle risorse spirituali di cui siamo dotati e di scoprire la ricchezza di doni soprannaturali presenti nella Chiesa, nella nostra diocesi, in ogni parrocchia, in ogni istituto religioso, in ogni aggregazione laicale. È ben vero che siamo portati più a rilevare i difetti e i peccati che le virtù e le opere buone, ma basta un minimo di riflessione per farci riconoscere la prevalenza del bene sul male: nonostante la sua virulenza, esso non prevale e non prevarrà.
Vi invito, cari presbiteri, a rinnovare con me e davanti a me le promesse sacerdotali, dando voce a tutto il popolo dei battezzati, ai quali presiediamo. Non vogliamo essere degli zelanti funzionari, dei diligenti amministratori, ma diventare sempre più ciò a cui senza nostro merito siamo stati chiamati: «forma gregis», modelli, coscienza unificante e traino dei fratelli in mezzo ai quali siamo stati posti (cfr 1 Pt 5,3). Così noi sosterremo loro ed essi a loro volta sosterranno noi, nella consapevolezza della fragilità umana e della necessità non solo della preghiera, ma anche della corresponsabilità, del consiglio, della correzione fraterna, del perdono.
Non possiamo non avere presenti in questa celebrazione i confratelli che, dopo averci preceduti e formati, sono stati chiamati al premio eterno. Li raccomandiamo particolarmente all’intercessione della Madonna del Piratello e di san Cassiano, nostro patrono. Cito un solo nome, a vent’anni dalla sua dipartita: don Angelo Ceroni, che concluse il suo generoso ministero missionario a Sao Bernardo, dopo avere retto la parrocchia di San Giacomo di Lugo, prima il seminario e prima ancora l’Azione Cattolica diocesana. Così abbiamo l’occasione per confermare, in questo momento solenne, l’impegno di aiuto che ci lega alla giovane chiesa di Santo André e più ampiamente al Brasile, attraverso i sacerdoti, le suore e i laici imolesi là presenti. Sappiamo bene che questo scambio tra chiese sorelle è la condizione perché la nostra diocesi rimanga giovane e sia attrattiva per i giovani.
Il Signore dilati i nostri cuori alla misura del suo e ci unisca nel suo amore, in modo che ci riempiamo di zelo e passiamo decisamente da una pastorale di conservazione ad una pastorale missionaria.