È tale la ricchezza dei simboli; l’abbondanza della parola di Dio, l’efficacia dei riti che si succedono nella veglia pasquale, da rendere sufficienti una sintetica esortazione.
Era veramente necessario ripercorrere anzitutto le tappe della storia della salvezza: abbiamo bisogno di richiamare dal passato per capire il presente, per apprezzare i doni che stiamo ricevendo. Stentiamo infatti a capire quanto Dio sta facendo per noi e come sta cambiando la nostra condizione, proprio in questa Pasqua. Cosa comporta il fatto che siamo morti e risorti in Cristo? Anzitutto che non ci salviamo: né la tecnica né la politica né il benessere – che pure servono e vanno perseguiti: ci salva solo Gesù che si è fatto uno di noi fino a subire la morte per mano nostra da innocente e venire risuscitato da Dio. Questa verità è scomoda, gli stessi contemporanei, gli stessi amici di Gesù inizialmente non se ne capacitavano, ma è impossibile sottacerla.
È la notizia per eccellenza,, ma come sempre nella sua semplicità non viene colta dai più: siamo talmente abituati alle delusioni e agli inganni da dubitare anche di fronte all’evidenza del sepolcro vuoto, delle bende afflosciate, del sudario ripiegato.
Cari amici, decidiamoci di credere e daremo inizio ad un nuovo modo di vivere, ad una nuova società. Lasciamo che la luce del cero pasquale, simbolo di Gesù risorto, brilli dentro di noi; diventeremo “luce del mondo”. Mettiamo via il timore per quel che ci aspetta, l’insicurezza e la diffidenza. La verità della risurrezione di Gesù è destinata ad affermarsi e a diffondere nei cuori, con la gioia, la voglia di rinnovamento, la fiducia e la fratellanza.
Da questa notte di veglia prende avvio un tempo privilegiato, che si estende per 50 giorni fino alla solennità di Pentecoste. È un tempo di assimilazione e di sperimentazione: abituiamoci a guardare noi stessi, gli altri, la società con gli occhi di Dio, con il suo sguardo d’amore, e diventeremo da timorosi creativi, estroversi, accoglienti.
Buona Pasqua, buon cammino: non da camminatori solitari, ma tenendoci per mano e dandoci la voce. Cantiamo l’alleluia (che significa “lodate Dio”) camminando insieme.