Carissimi,
oggi abbiamo la grazia di vivere un momento bello ed importante della nostra Chiesa diocesana. Il Signore ci dona la grazia di accogliere e confermare la chiamata che Lui ha fatto a tre nostri carissimi amici a servirLo e dargLi testimonianza nella Carità nel ministero del Diaconato Permanente. E proprio oggi la liturgia ci dona di celebrare insieme la Festa della Santa Famiglia e quella del diacono Stefano, primo martire. E’ veramente singolare come queste due realtà siano così importanti nella vocazione e nel compito del diaconato permanente.
Proprio oggi papa Francesco ha pubblicato una lettera a tutti gli sposi in occasione dell’anno “Famiglia Amoris Laetitia” che vi invito proprio a leggere e a custodire. Li ci viene ricordato che “la coscienza dell’identità e della missione dei laici nella Chiesa e nella società è cresciuta. Voi sposi avete la missione di trasformare la società con la vostra presenza nel mondo del lavoro e di fare in modo che si tenga conto dei bisogni delle famiglie. Anche i coniugi devono prendere l’iniziativa all’interno della comunità parrocchiale e diocesana con le loro proposte e la loro creatività, perseguendo la complementarità dei carismi e delle vocazioni come espressione della comunione ecclesiale; in particolare, quella degli sposi accanto ai pastori, per camminare con altre famiglie, per aiutare chi è più debole, per annunciare che, anche nelle difficoltà, Cristo si rende presente.”
Guardare alla famiglia di Nazareth ci aiuta a comprendere che è lo sguardo a Cristo, a quel bambino, che ci dona un cuore nuovo capace di amore e di perdono. E’ ancora il Papa che oggi scrive: “Non dimenticate che il perdono risana ogni ferita. Perdonarsi a vicenda è il risultato di una decisione interiore che matura nella preghiera, nella relazione con Dio, è un dono che sgorga dalla grazia con cui Cristo riempie la coppia quando lo si lascia agire, quando ci si rivolge a Lui. Cristo “abita” nel vostro matrimonio e aspetta che gli apriate i vostri cuori per potervi sostenere con la potenza del suo amore, come i discepoli nella barca. Il nostro amore umano è debole, ha bisogno della forza dell’amore fedele di Gesù. Con Lui potete davvero costruire la “casa sulla roccia” (Mt 7,24).”
Comunque noi non comprenderemo nulla del vero significato del Natale, se non sentiamo vivamente che Dio si è fatto uomo per salvare noi: e per salvarci doveva sacrificarsi. “Ahi, quanto ti costò l’avermi amato” ci ricorda il bellissimo canto “Tu scendi dalle stelle”. La storia del Bambino di Nazareth è una storia di dolore ed è come una grande strada su cui tutti gli uomini, senza distinzione, devono camminare: Stefano, vero martire, cioè vero testimone di Cristo, l’ha percorsa con amore.
Il sacrificio è la strada che Cristo ha battuto per salvarci e ognuno è chiamato a seguirlo per giungere alla sua vera casa. “Chi mi vuol seguire prenda la sua croce e mi segua. […] Che importa all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se’ stesso?” (cfr. Mc 8,34-37). Come dovette sentire forte questo pensiero Stefano quando veniva spinto a viva forza e trascinato per essere condannato alla morte. Ma per poter vivere il sacrificio della vita non bisogna sentirsi soli. Quando due sposi si sentono l’uno vicino all’altro; quando i genitori si sentono vicini ai loro figlioli e i figli accanto ai genitori, la loro forza davanti al sacrificio è centuplicata. Quando degli amici veri si sentono solidali e compatti nel loro Ideale, la loro forza davanti ad ogni ostacolo diventa più grande. Cristo è sempre desto accanto a noi con affetto infinitamente premuroso per sostenerci colla sua forza divina. E credere in Lui non è appena prestar fede alle sue parole, ma aderire alla Sua Persona, sentire la Sua Persona sempre presente, dominatrice di ogni attività della vita, di ogni relazione sociale, perfino di ogni forma di pensiero e di sentimento interiore. È questa fede profonda nella presenza vivente di Nostro Signore Gesù Cristo che fece di Stefano il primo martire: e mentre lo lapidavano egli pregava dicendo: “Signore Gesù, accogli l’anima mia” (cfr. At 7,59).
Il frutto del sacrificio accolto sulla terra è la pace, la pace vera, quella che importa e che è una pazienza piena di bontà e di comprensione per gli altri, che son tutti nostri fratelli e miseri come noi. Ecco Stefano, colpito a morte, cade in ginocchio con un ultimo grido pieno di pace: “Signore, perdona loro questo peccato” (cfr. At 7,60).
Gesù Bambino ci doni, per intercessione della Madonna, come la diede al Suo primo martire, la forza sovrumana di seguirLo sulla strada della Croce, che è la legge di ogni vita, che è la legge di ogni vero amore, che è soprattutto la legge della vera amicizia con Cristo. Questa forza Egli la darà ai suoi poveri fratelli uomini, i cui giorni pieni di affanni ci fanno toccare con mano come non siamo fatti per la terra, ma per il cielo.
E’ a questo servizio, a questo amore, a questa dedizione che siete chiamati carissimi amici: questa è la Diaconia. A chiunque chiedesse che cosa è il diaconato si dovrebbe rispondere che il diaconato è una vocazione, è proprio un evento di grazia. Le vere domande non sono le seguenti: a che cosa serve un diacono? Che cosa può fare di diverso da un laico? Che cosa non può e non deve fare rispetto al sacerdote?
Il vero interrogativo è piuttosto questo: chi è veramente il diacono? Perché lo Spirito del Signore ha voluto che il diaconato esistesse nella Chiesa?
Il diaconato non è una sorta di promozione ecclesiale o un riconoscimento ufficiale per meriti pastorali. Non siamo noi a decidere chi nella Chiesa deve essere diacono. A noi è chiesto di fare discernimento, cioè di scoprire i segni di vocazione che lo Spirito Santo pone nella vita delle persone.
Tutti i cristiani, in forza del loro Battesimo, sono chiamati alla santità. Ci sono tuttavia molti modi di vivere la comune santità battesimale. Il diaconato è una di queste vocazioni specifiche. La parola diakonos venne utilizzata sin dall’inizio della storia della Chiesa per indicare colui che si poneva nella comunità a servizio del prossimo, in modo autorevole e ufficialmente riconosciuto. Certo si potrebbe dire che il servizio è la regola di ogni cristiano e perciò non può essere considerato una prerogativa del diaconato. Ma appunto per questo il diacono esiste: per ricordare a tutti l’immagine viva di Cristo che serve, di Cristo che per amore si china a lavare i piedi dei suoi discepoli, di Cristo che si fa carico delle sofferenze dei più deboli, di Cristo che proclama la parola del Regno di villaggio in villaggio, di Cristo che si fa vicino a chiunque è minacciato dalla tristezza e dall’angoscia, di Cristo che offre la sua stessa vita in sacrifico. Il servizio reso nel nome del Signore sarà per il diacono la via maestra della sua santificazione.
Il diacono contribuisce in un modo tutto suo a far sì che la Chiesa sia veramente Chiesa, cioè il luogo della comunione e della carità, la comunità dei figli di Dio che annunciano e testimoniano la lieta notizia della salvezza.
In questa giornata di grazia accogliete l’augurio che papa Francesco ci rivolge proprio oggi nella sua lettera: “San Giuseppe ispiri in tutte le vostre famiglie il coraggio creativo, tanto necessario in questo cambiamento di epoca che stiamo vivendo, la Madonna accompagni nella vostra vita coniugale la gestazione della cultura dell’incontro, così urgente per superare le avversità e i contrasti che oscurano il nostro tempo. Le tante sfide non possono rubare la gioia di quanti sanno che stanno camminando con il Signore. Vivete intensamente la vostra vocazione. Non lasciate che la tristezza trasformi i vostri volti. Il vostro coniuge ha bisogno del vostro sorriso. I vostri figli hanno bisogno dei vostri sguardi che li incoraggino. I pastori e le altre famiglie hanno bisogno della vostra presenza e della vostra gioia: la gioia che viene dal Signore!”
Il sacrificio di Stefano vi accompagni nell’amore a Cristo ed ai fratelli.
Monsignor Giovanni Mosciatti,
Vescovo di Imola