“La misericordia è per eccellenza il nome di Dio, che esprime la sua natura non alla maniera di un sentimento occasionale, ma come forza presente in tutto ciò che Egli opera. È forza e tenerezza insieme”. Per papa Francesco è la misericordia il tema chiave della XXX Giornata mondiale del malato, che ricorre venerdì 11 febbraio. Nella diocesi di Imola tale giornata, organizzata da anni dalla consulta di Pastorale della salute, coinciderà quest’anno con il giubileo del malato e degli operatori sanitari che avrà luogo nella cattedrale di San Cassiano. L’inizio è previsto per le 15 con il santo rosario, a seguire la solenne liturgia eucaristica presieduta dal vescovo monsignor Giovanni Mosciatti. Sono invitati a partecipare i malati e gli anziani, i sacerdoti e i cappellani degli ospedali, così come i medici e gli operatori sanitari. Per consentire la partecipazione alla messa anche a coloro che vivono nelle case di riposo, la celebrazione verrà trasmessa sulla pagina YouTube del settimanale diocesano Il Nuovo Diario Messaggero.

La testimonianza
In occasione della giornata del malato pubblichiamo la testimonianza, trasmessa dall’Ufficio di pastorale della salute, di Lorella Falcioni, infermiera dell’ospedale Santa Maria della Scaletta di Imola, che ha coadiuvato il cappellano padre Enrico amministrando l’Eucarestia a monsignor Giovanni Signani negli ultimi giorni della sua vita. Riguardo a quell’esperienza aveva scritto una lettera al vescovo. Queste le parole di chi vive la propria professione alla luce della fede: «Eccellenza reverendissima, pur nel dovuto distacco dei sentimenti che la nostra professione ci impone durante il servizio, non posso dimenticare gli atteggiamenti umani di quest’uomo che si è fatto carità, obbedienza e umiltà, tenerezza nello sguardo, semplicità e povertà. Non nascondo che a casa ancora oggi ripasso quei momenti e prego per lui ma anche per tutti gli altri sacerdoti, suore, uomini e donne di Dio la cui consolazione è di ritornare a vivere e respirare. Penso che sia doveroso da parte nostra, che diciamo di star bene, offrire il nostro sacrificio di lode per coloro che sperano. Penso che, chi non vede la malattia in un letto di ospedale, debba protendere le mani all’Altissimo per intercedere, invocare, sperare per loro attraverso una preghiera continua, nella propria stanza, ancor meglio nella comunità cristiana, in unità, nel coraggio di osare e insistere presso Dio perché “ci liberi dal male”». Da due anni ormai, il compito di medici e infermieri ha assunto un ruolo ancora più cruciale nella lotta al Covid. Che le parole del santo padre possano essere veramente l’occasione per fare del proprio lavoro una missione: «Cari operatori sanitari, il vostro servizio accanto ai malati, svolto con amore e competenza, trascende i limiti della professione per diventare una missione. Le vostre mani che toccano la carne sofferente di Cristo possono essere segno delle mani misericordiose del Padre. Siate consapevoli della grande dignità della vostra professione, come pure della responsabilità che essa comporta».