Omelia Messa Crismale 2023
Imola, Cattedrale, 5 aprile 2023

“Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. (Lc 4, 20-21)
Gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Carissimi, ciascuno di noi ha potuto fare esperienza nella sua vita di quanto sia importante e decisivo questo sguardo così intenso e profondo a Cristo. Noi, in questa Santa Messa facciamo memoria di come, con l’imposizione delle mani e con l’unzione crismale, siamo stati introdotti nel sacerdozio di Gesù Cristo, siamo stati “consacrati nella verità” (Gv 17,19). Gesù stesso è la Verità e Lui ci ha consacrati, cioè ci consegnati per sempre a Dio, affinché, a partire da Dio e in vista di Lui, potessimo servire gli uomini. Ma se non guardiamo a Lui, se distogliamo gli occhi dalla sua presenza rischiamo di non comprendere più quello che siamo chiamati ad essere, la profondità della nostra vocazione.
Qui è il fondamento di tutto: guardare a Cristo, rimanere con il Signore e mettere Lui a fondamento del nostro ministero; altrimenti ci ritroveremo a cercare soprattutto noi stessi e, pur impegnandoci in cose apparentemente buone, sarà per riempire il vuoto che abbiamo dentro.
Ogni anno la Santa Messa del Crisma ci invita a ritornare a quel “sì” alla chiamata di Dio, che abbiamo pronunciato nel giorno della nostra Ordinazione sacerdotale. “Eccomi!”, abbiamo risposto, quando, come Isaia, abbiamo udito la voce di Dio che chiedeva: “Chi manderò e chi andrà per noi?” “Eccomi, manda me!”, rispose Isaia (Is 6, 8). Noi abbiamo detto “sì”. Ma che cosa vuol dire? Che cosa è questo “essere sacerdote di Gesù Cristo”?
Papa Benedetto ci ha sempre ricordato che sono due i compiti che definiscono l’essenza del ministero sacerdotale: in primo luogo lo “stare davanti al Signore”. Stare davanti al Signore presente, e quindi l’Eucaristia come centro della vita sacerdotale. Ma il sacerdote deve essere anche uno che vigila. In guardia di fronte alle potenze incalzanti del male. Uno che sta in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno per il bene. Stare davanti al Signore, nel più profondo, è anche un farsi carico degli uomini presso il Signore che, a sua volta, si fa carico di tutti noi presso il Padre. E deve essere un farsi carico di Lui, di Cristo, della sua parola, della sua verità, del suo amore.
L’altro compito è “stare davanti a te e a te servire”. Il servizio sacerdotale significa proprio imparare a conoscere il Signore nella sua Parola e a farLo conoscere a tutti coloro che Egli ci affida. Nessuno è così vicino al suo Signore come il servo che è così familiare alla sua vita. In questo senso “servire” significa vicinanza, richiede familiarità. Il pericolo è che questa familiarità divenga per noi una abitudine, una routine. Ma per grazia il Signore ci fa riconoscere sempre la nostra insufficienza e la grazia incredibile che ci fa nel consegnarsi così nelle nostre mani.
Questo servizio, questa missione è il compito della nostra vita, ed ha le dimensioni del mondo, lì dove il Signore ci manda. Questo è veramente importante perché ciò che Gesù ha predetto a Pietro: “Sarai portato dove non volevi” riguarda anche noi. Questo farsi guidare dove non vogliamo è una dimensione essenziale del nostro servire, ma paradossalmente è proprio questo che ci rende liberi. In questo essere guidati, che può essere contrario alle nostre idee e progetti, sperimentiamo la ricchezza dell’amore di Dio.
Riconoscere che non apparteniamo a noi stessi e che siamo inseriti in Cristo e nel suo Corpo che è la Chiesa ci fa essere di più noi stessi. Così siamo chiamati a non annunciare noi stessi ma ad essere tutt’uno con Colui che ci ha chiamati come suoi messaggeri così che siamo plasmati dalla fede e la viviamo. Così potremo dare una testimonianza credibile perché non predichiamo noi stessi, ma saremo realmente un dono per gli altri.
Mi ha molto colpito il richiamo che Papa Francesco ha rivolto l’altro giorno ai seminaristi ed ai Vescovi della Calabria: “Qual è il desiderio che vi ha spinto a uscire incontro al Signore e a seguirlo sulla via del sacerdozio? Cosa stai cercando in Seminario? E cosa cerchi nel sacerdozio? Dobbiamo chiedercelo, perché a volte succede che «dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa», in realtà cerchiamo «la gloria umana e il benessere personale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 93). È molto triste quando trovi sacerdoti che sono funzionari, che hanno dimenticato l’essere pastori di popolo e si sono trasformati in chierici di Stato. È brutto quando si perde il senso sacerdotale. Magari cerchiamo il ministero sacerdotale come un rifugio dietro cui nasconderci o un ruolo per avere prestigio, invece che desiderare di essere pastori con lo stesso cuore compassionevole e misericordioso di Cristo”. Ed ai Vescovi diceva così: “E quale figura di prete immaginate per il vostro popolo? Questo discernimento è oggi più che mai necessario, perché nel tempo in cui è tramontata una certa cristianità del passato, si è aperta davanti a noi una nuova stagione ecclesiale, che ha richiesto e richiede ancora una riflessione anche sulla figura e sul ministero del prete. Non possiamo più pensarlo come un pastore solitario, chiuso nel recinto parrocchiale o in gruppi di pastori chiusi; occorre unire le forze e mettere in comune le idee, i cuori, per affrontare alcune sfide pastorali che sono ormai trasversali a tutte le Chiese diocesane di una Regione. Penso, per esempio, all’evangelizzazione dei giovani; ai percorsi di iniziazione cristiana; alla pietà popolare”.
Abbiamo bisogno di occhi aperti e cuore attento per cogliere i segni dei tempi e guardare avanti!
Nella Colletta della S. Messa abbiamo pregato il Signore di concederci, resi partecipi della sua consacrazione, di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza. Consacrare qualcosa o qualcuno significa consegnare la cosa o la persona in proprietà a Dio, così che non appartenga più alle cose nostre, ma sia totalmente di Dio. E’ una consegna al Dio vivente. L’Ordinazione sacerdotale è essere immersi in Lui, nella Verità. Appartengo in un modo nuovo a Lui e così agli altri, “affinché venga il suo Regno”. Preghiamo il Signore di attirarci sempre più a sé, affinché diventiamo veramente sacerdoti della Nuova Alleanza.
E’ l’invito che ci ha fatto Papa Francesco proprio l’anno scorso: “Un sacerdote è invitato innanzitutto a coltivare questa vicinanza, l’intimità con Dio, e da questa relazione potrà attingere tutte le forze necessarie per il suo ministero. Il rapporto con Dio è, per così dire, l’innesto che ci mantiene all’interno di un legame di fecondità. Senza una relazione significativa con il Signore il nostro ministero è destinato a diventare sterile. La vicinanza con Gesù, il contatto con la sua Parola, ci permette di confrontare la nostra vita con la sua e imparare a non scandalizzarci di niente di quanto ci accade, a difenderci dagli “scandali”. Come è stato per il Maestro, passerete attraverso momenti di gioia e di feste nuziali, di miracoli e di guarigioni, di moltiplicazione di pani e di riposo. Ci saranno momenti in cui si potrà essere lodati, ma verranno anche ore di ingratitudine, di rifiuto, di dubbio e di solitudine, fino a dover dire: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). La vicinanza con Gesù ci invita a non temere alcuna di queste ore – non perché siamo forti, ma perché guardiamo a Lui e ci aggrappiamo a Lui”.

+ mons. Giovanni Mosciatti