Uno degli inni liturgici della festa del nostro patrono san Cassiano così lo descrive: “Con zelo insegni ai giovani l’arte di scriver celere e con parole esplicite Cristo verace predichi.” Colpisce di Cassiano la caratteristica di un uomo che ha svolto con diligenza ed entusiasmo il proprio compito, avendo a cuore di insegnare un lavoro ai giovani, ma nello stesso tempo la presenza di Cristo nella sua vita lo ha reso annunciatore del significato del vivere, tanto da parlarne in maniera, dice l’inno, esplicita, chiara e verace.
Certamente Cassiano ha vissuto pienamente la sua esistenza nell’operosità e nella creatività del lavoro, ma nell’adesione a Gesù Cristo ha anche trasmesso il significato profondo di quel lavoro e un gusto di vita nuova.
Così è il cristiano: una persona attenta alla realtà e capace di declinare nella vita quotidiana la passione e il gusto per la vita che Gesù ha portato. Con Lui la vita acquista il suo pieno valore e diviene degna di essere vissuta, in ogni suo aspetto.
Oggi viviamo in un tempo secolarizzato e sembra che la proposta cristiana non susciti interesse, ma non è venuto meno il bisogno dell’uomo, il suo irriducibile desiderio di significato. Ce lo dice la nostra esperienza quotidiana. Se lasciamo parlare il cuore ci accorgiamo che veramente siamo definiti da un’inquietudine che si manifesta in mille modi. Siamo interconnessi digitalmente 24 ore su 24, ma ci si accorge di uomini e donne spesso sprofondati nella solitudine, con legami solo passeggeri ed evanescenti.
Ciò di cui abbiamo bisogno è però più vicino di quello che pensiamo. Così vicino da identificarsi in un pezzo di pane che possiamo mangiare, in una persona che possiamo abbracciare. Il cristianesimo continua ad accadere come un avvenimento presente. Come ebbe a dire Papa Ratzinger nella sua prima enciclica, “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.
Questa situazione presenta molte analogie con il paganesimo romano del II-III secolo dopo Cristo. I cristiani di allora non scommisero su una vittoria culturale o politica, rischiarono una testimonianza gratuita che si trasmetteva da persona a persona. In questo modo, in 300 anni, riuscirono a mutare il volto del più grande impero della storia. Così come ci testimonia Cassiano.
Questi primi cristiani, come hanno incominciato a credere? In che cosa è consistito quell’avvenimento che ha destato un tale interesse che la gente per la prima volta ha avuto la fede accesa dentro, ed il cristiano ha incominciato a essere nel mondo una presenza? Non credettero perché Cristo diceva delle cose, non credettero perché fece miracoli, fino a risuscitare i morti. Tant’è che molti videro ma questa non cambiò la loro vita. Credettero per una presenza carica di proposta, per una presenza carica di significato.
La testimonianza di Cassiano è allora un invito per noi a lasciarci colpire da quello stesso avvenimento. Un invito a verificare se quella presenza carica di significato basta per vivere.
Perciò il problema è davvero quello del riaccadere di esperienze di fede, personali e comunitarie, in modo che l’uomo di oggi possa incontrare, di nuovo, o per la prima volta, il cristianesimo. Possa sperimentare il fascino della realtà di Cristo nella vita, come duemila anni fa.
In ogni caso se quello di cui parliamo non prende e non coinvolge innanzitutto noi, sarà inutile anche per gli altri: se non passa attraverso di noi, se non si incarna in noi, se non ci penetra fino alle viscere, che cosa comunichiamo? Solo parole. Guardiamo alla nostra esperienza, alla modalità attraverso la quale Cristo ci ha raggiunto, ci ha affascinato, al modo in cui Cristo è diventato una presenza reale nella nostra vita.
Dobbiamo superare la preoccupazione del non essere adeguati. La testimonianza è innanzitutto di Cristo in noi, attraverso il cambiamento che provoca nella nostra vita e a cui io acconsento liberamente. Lo dice san Paolo: “Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi” (2Cor 4,7). Abbiamo bisogno di qualcosa che non dipenda dalle nostre capacità o dai nostri progetti, ma che riaccada nella nostra vita ed allarghi la misura del nostro cuore.
Perciò l’incontro con Cristo è l’imbattersi in una realtà umana diversa. Ti imbatti in una realtà umana che ha una differenza di vita che tu percepisci.
Cominciarono ad accorgersi di Cassiano e ad accusarlo dicendogli: “Tu sei diverso dagli altri, c’è qualcosa di diverso”. Ecco, l’incontro è l’imbattersi in una diversità, che ti attrae. È la modalità con cui Cristo si rende presente agli uomini. E ti attrae perché corrisponde di più al tuo cuore.
Che grande richiamo la testimonianza di Cassiano per tutta la Chiesa. Richiamo ad essere missionaria, a proporre esperienze di vita e di fede. Chiamata a riproporre all’uomo di oggi la bellezza e l’umanità di Cristo come cuore del mondo.
Mons. Giovanni Mosciatti
Vescovo della Diocesi di Imola