Messa nel 10° anniversario della morte di don Oreste Benzi – cattedrale di Imola

A dieci anni dalla conclusione della sua infaticabile giornata terrena, don Oreste Benzi continua la missione che gli fu affidata: nascono nuove case famiglia, prosegue in quelle esistenti l’intreccio quotidiano delle relazioni affettive aventi il Signore come origine e destinatario nello stesso tempo. Anche la diocesi di Imola continua a godere della presenza di alcune case. Pur nel tono dimesso di una celebrazione vigilare, questa sera è riunita per lodare il Signore a motivo di tale presenza e per invocare la sua benedizione su quanti la attuano. È particolarmente lieta, la nostra diocesi, di avere tra i suoi membri il responsabile per l’Emilia della Comunità Papa Giovanni XXIII Andrea Montuschi: a lui e alla sua famiglia tutti ci sentiamo fraternamente uniti, con viva gratitudine.

Accogliamo con animo aperto, in questo clima di raccolta ma intensa gioia, l’ammonimento che ci viene dalla Parola di Dio ad impiegare i carismi, il patrimonio spirituale che ci è stato affidato, facendolo fruttare per la gloria di Dio. Veniamo esortati ad apprezzare ed imitare la tipica madre di famiglia che si dedica con perspicacia e geniale assiduità al governo della casa, valorizzando ogni possibilità di accudimento non soltanto per il marito e i figli, ma anche per i parenti e i vicini. Non fa tutto lei, tutto da sola, ma è il perno, la regista, la promotrice dell’operosità familiare. Cerchiamo, cari amici, di rinnovare a partire da questa celebrazione il nostro modo di vivere fra le mura domestiche. Allora l’intera società diventerà migliore. Ciò non significa chiudersi in casa propria, ma partire dall’interiorità e dalla dimensione domestica, dalla prossimità e dalla frequentazione quotidiana. Non sono infatti i gesti saltuari ma quelli abituali che ci rendono virtuosi, buoni, affidabili tanto davanti agli uomini quanto davanti a Dio.

Don Oreste ha avuto il grande merito di passare e di educare a passare dai gesti occasionali a quelli abituali: dall’opera di volontariato all’accoglienza in casa propria, dall’aiuto fraterno all’inserimento in famiglia. Da parte della Chiesa, non ci si può limitare ad apprezzare ed elogiare la comunità che egli ha fondato: il riconoscimento vero si traduce in sostegno e collaborazione. Perciò la celebrazione a cui stiamo partecipando ci coinvolge e ci compromette: nessuno può ritenere di “avere già dato”, di aver fatto abbastanza. Gesù, che si offre ora per noi e con noi, ci chiede di aprire ancora una volta il nostro cuore. Se hai ricevuto un solo talento, non accontentarti di conservarlo e neanche di guadagnarne uno in più: fallo fruttare al massimo. Intendiamoci: senza ansie da prestazione, ma con la costanza e l’assiduità della madre di famiglia, che ha un occhio per tutto perché ha cuore per tutti.

Mi sembra questo il modo anche per celebrare la Giornata mondiale dei poveri, evitando di comporre una collezione di bei gesti. Il Signore si degni di venire in noi e restare in mezzo a noi; e scaldi ancora i nostri cuori attraverso don Oreste e il suo grande lascito spirituale.