Domenica di Pasqua – cattedrale di Imola

«Noi siamo testimoni», affermava Pietro a nome anche degli altri apostoli di fronte alla folla riunitasi il giorno di Pentecoste. Possiamo far nostre le stesse parole: sì, sgomenti e confusi, ancora increduli e tuttavia testimoni. Effettivamente, non possiamo tacere quanto ci è accaduto, non possiamo dare per scontato che siamo cristiani, dobbiamo assolutamente trovare il coraggio e il modo di farlo sapere a tutti, cominciando con il confidarci l’uno con l’altro, come i due di Emmaus: «Non ci ardeva forse il cuore …?». Il mondo cercherà in tutti i modi di zittirci, ma saremo contenti solo quando, reagendo ad ogni tipo di censura, anche la più pervasiva, riusciremo a comunicare agli altri la nostra esperienza di fede. Non dico i nostri successi, le nostre gratificazioni, ma la nostra esperienza, non importa se problematica, se imbarazzante e perfino contraddittoria. Siamo comunque dei testimoni, non possiamo tacere.

Prendiamone coscienza, rendendoci conto che non siamo soli: tutti i cristiani infatti sono testimoni, tutta la comunità rende testimonianza, ma ciascuno ha il proprio compito e il proprio dono, ciascuno è unico. È giunto il momento di rompere la cortina del silenzio, non per imporci, ma per comunicare il fatto più sconvolgente della storia: Gesù Cristo, morto sulla croce. è stato risuscitato il terzo giorno e reso giudice universale. Non si tratta di una notizia tra tante, perché da questo unico fatto dipende la sorte dell’intera umanità. Esistono infatti diverse religioni, uomini che credono e altri che sono perplessi o dicono di non credere: ma tutti, nessuno escluso, sono coinvolti dall’evento del quale noi siamo testimoni: la morte e risurrezione di Gesù. Le notizie di cronaca, per quanto non di uguale importanza, si succedono rapidamente e perdono tutte di attualità: tutte all’infuori di questa, che non riguarda apparizioni o visioni, ma la realtà di un sepolcro vuoto, dal quale il cadavere non è stato asportato, di un uomo ucciso come tanti altri innocenti ma che a differenza di tutti gli altri è vivo.

Il fatto che non tutti credano a questo non toglie che sia vero. Rimane la mancanza della verifica immediata attraverso i sensi, ma sappiamo che non tutto ciò che è reale si presenta come attualmente visibile. E noi, che siamo qui a parlarne, testimoni nostro malgrado, non possiamo far finta di niente. Anche i discepoli di Emmaus, pur avendo ricevuto la notizia del sepolcro vuoto e dell’apparizione alle donne, erano rimasti perplessi e depressi, tanto da lasciare la comunità di Gerusalemme. Pensavano che fosse finito un sogno e non si rendevano conto che, al contrario, si trovavano alla presenza del Risorto. Quando poi lo riconobbero, egli sparì alla loro vista: ma ormai non avevano più bisogno di vedere fisicamente, perché sapevano che Gesù è vivo.

Intanto le piaghe sul corpo di Gesù rimangono, anzi solamente sullo sfondo della croce egli diventa riconoscibile. È per sempre il Crocifisso, perché non poteva rimanere con noi per sempre se non con le braccia aperte a tutti.