La lettera al popolo di Dio, pubblicata da papa Francesco il 20 agosto, costituisce un esempio tipico di appello alla conversione: la comunità cristiana all’inizio di ogni messa chiede perdono, non in modo abitudinario e formale, ma impegnativo e senza reticenze, sapendo di essere composta di peccatori e di essere tenuta ad accompagnare con gesti concreti di ravvedimento e riparazione le colpe dei propri membri. Tra le colpe, particolarmente gravi e odiose sono quelle commesse dai ministri di Dio ai danni dei più piccoli, dei più deboli e indifesi. Gesù personalmente, attraverso alcune frasi severissime riportate nel Vangelo, ci chiama a prenderne coscienza. Ne riporto una soltanto: “Chi scandalizza (ossia fa del male ad) uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt 18,6). Il papa intende riparare, in particolare, il male compiuto da uomini di Chiesa coprendo gli abusi sessuali su minori, e lo fa addossandosene personalmente la vergogna, come pure impegnando l’intera comunità ecclesiale ad opere concrete di penitenza e di riparazione. Esemplifica anche a quali opere (oltre al doveroso risarcimento) si riferisce: a digiuni, pellegrinaggi penitenziali, beneficenza.
Come vescovi della Regione, abbiamo sentito il desiderio di calare nelle singole diocesi le indicazioni del primate della Chiesa italiana, sia perché non sfuggano a nessuno, sia per sottrarle ai toni scandalistici e alla fatuità dei mass media. Mi sembra questo il modo migliore di difendere il papa anche dagli attacchi provenienti dall’interno della comunità ecclesiale. Essi ci riempiono di sdegno, aggravando l’ipocrita concentrazione degli “opinion leader” sulle colpe vere o presunte degli uomini di Chiesa. Ma conviene sopportare in silenzio.
Esprimo la mia personale fiducia nella serietà con la quale la lettera dei vescovi sarà fatta oggetto di attenzione e di gesti concreti di riparazione da parte delle singole parrocchie, delle comunità di consacrate e delle aggregazioni ecclesiali. Desidero far notare infine che, dalle varie forme di penitenza, soprattutto quando sono compiute comunitariamente, si ricavano grandi benefici morali. Pensare che da questa prova usciremo purificati e migliori mi è di grande conforto.
Mons.Tommaso Ghirelli – vescovo di Imola