“È morta una santa” esclamò il medico curante presente al trapasso di Elena Rocca, avvenuto il 1° gennaio 1919 in via Garibaldi 38, abitazione del parroco della cattedrale di Imola Rocco Rocca, fratello di lei.
Non è per ora riconosciuta come santa dalla Chiesa, e neppure serva di Dio, come scritto nei “Santi imolesi” di P. Bedeschi (Imola 1963), almeno secondo i criteri attuali.
Purtuttavia merita un ricordo. Lo stesso anno della morte, il cardinale G. Gusmini, arcivescovo di Bologna, già suo direttore spirituale, pubblicò una biografia “Memorie edificanti di Elena Rocca”. Bologna 1919. Il volumetto è arricchito di uno studio approfondito di G. Mattiussi S.I. Il gesuita si trovò in Imola quattro volte nel 1918, ultimo anno di vita di Elena, per predicazione, ed era ospite nella stessa canonica. Ebbe quindi la possibilità di conoscere direttamente, se pure con qualche difficoltà, la giovane. Ebbe anche testimonianze da quanti le erano vicini. Elena Rocca nacque il 1° aprile 1893 nella parrocchia di Balia, a 18 chilometri a nord di Imola in una famiglia di piccoli coltivatori diretti. Era la settima figlia. Era vivace, intelligente e controllata. Frequentò la scuola elementare con buon profitto e crebbe in una famiglia credente e partecipe della vita parrocchiale. Nel maggio 1906 il fratello don Rocco, maggiore di lei di 18 anni, fu nominato parroco della cattedrale di Imola. Tutta la famiglia si trasferì a Imola per sostenere e aiutare il sacerdote. Elena, allora tredicenne, si coinvolse in questa nuova vita. Frequentò il laboratorio delle ancelle del Sacro Cuore di Gesù in via don Bughetti, frequentò un corso per diventare catechista. Si inserì gradualmente nella vita della parrocchia, facendo il catechismo e collaborando come volontaria con le suore nel laboratorio femminile, oltre ad attendere alle faccende domestiche della canonica e della famiglia.
Nel tempo libero andava a visitare le ammalate e ad aver cura di loro, facendo anche le punture con abilità.
Alla fine della guerra 1915-18 infierì la spagnola, malattia mortale soprattutto per i giovani. Elena, nonostante il pericolo, continuò il suo servizio anche a tali ammalati, e ne contrasse la malattia e per questo morì a 26 anni.
Fu una martire della carità.
I funerali ebbero una partecipazione enorme e la lapide, dettata dal cardinal Gusmini, riporta una frase di Elena: “sono vissuta morta, sono morta viva”. La sua tomba al cimitero del Piratello negli anni 1950-60 aveva sempre i fiori freschi ed era molto visitata, tanto che un religioso del santuario, colpito dalla fama di santità, scrisse un libro “Giglio candido, vita di Elena Rocca” (Bari, 1961, P.N. Flammini TOR). Di lei si ammiravano l’umiltà, la carità, l’obbedienza verso i famigliari e il direttore spirituale, la giovialità nel trattare.
Si sentiva chiamata a fondare una comunità religiosa che avesse lo scopo di riparare alle offese fatte a Gesù, in particolare dalle persone consacrate, che trovò realizzazione nelle Ancelle del Sacro Cuore Adoratrici. Ebbe esperienze mistiche profonde: sentiva, nel ricevere l’Eucarestia, la presenza di Gesù, ed era compresa totalmente da questa presenza (o.c. pag. 189). Le esperienze belle e gioiose erano purificate dal dubbio che venissero dal demonio e anche dal patimento nel suo corpo dei segni della passione di Gesù: ferita del costato sanguinante e altre. Nel petto le fu impresso il crocifisso di circa 6 cm per 4 ore le parole “amore e sacrificio”.
A quattordici anni ebbe una misteriosa malattia, diremmo oggi una strana forma di anoressia.
Fu curata da vari medici e fu ricoverata anche all’ospedale psichiatrico Lolli per essere meglio curata dal dottor Mondini. Tutte le cure furono inefficaci. Solo la preghiera fervente, sua e dei famigliari, la guarì, ricorrendo a sant’Antonio di Padova. Il 23 gennaio 1908 le appariva il santo con Gesù Bambino e le disse che era guarita e lo stesso giorno fu dimessa dall’ospedale e non ha più avuto alcun disturbo del genere (o.c. pag. 48 ss).
Il fatto ha tutta l’apparenza di vessazione diabolica durata circa nove mesi.
Questa malattia ha ostacolato il processo di canonizzazione.
Dopo la lettura di questi libri che ho brevemente riassunti mi rimane il desiderio di conoscere le lettere che Elena scrisse al direttore spirituale sulla vita di Dio e le sue esperienze spirituali, perché ci aiutino a uscire dal materialismo-edonismo imperante.
Elena fece conoscere e innamorare il servo di Dio don Giuseppe Mazzanti della “Storia di un’anima” di Santa Teresa di Gesù Bambino, tanto da trasmettere questa spiritualità fondando una comunità religiosa.