All’inizio del nuovo anno civile, giunga a tutti gli imolesi l’augurio più fervido della comunità cristiana. La liturgia ci invita a chiedere la benedizione apportatrice di pace per l’intera umanità: «Dio abbia pietà di noi e ci benedica. Faccia splendere il suo volto su di noi e ci dia pace».

Nel suo messaggio per l’odierna Giornata mondiale della pace, il papa esorta a mettere l’attività politica a servizio della pace, richiamandoci alle nostre comuni responsabilità anzitutto di membri del genere umano e poi di cittadini. Noi italiani in particolare apparteniamo ad uno Stato e ad un’associazione di Stati – l’Unione Europea – che dichiarano di lavorare per la pace, avendo ben conosciuto le devastazioni morali e materiali prodotte dalle guerre. Perciò non possiamo essere né distratti né andare a rimorchio di altri.

Il recente sinodo sui giovani (che ho già citato ieri al Te Deum di fine anno) ha espresso la comune consapevolezza di vivere «un tempo in cui i sistemi democratici sono sfidati da bassi livelli di partecipazione e da un’influenza sproporzionata di piccoli gruppi di interessi che non hanno un ampio riscontro nella popolazione, con il pericolo di derive riduzionistiche, tecnocratiche e autoritaristiche». Se questo è vero, ne deriva il dovere urgente di rilanciare la partecipazione democratica e la formazione alla buona politica. «Solo una comunità unita e plurale – è scritto nel documento finale del sinodo – sa proporsi in modo aperto e portare la luce del Vangelo negli ambiti della vita sociale che oggi ci sfidano: la questione ecologica, il lavoro, il sostegno alla famiglia, l’emarginazione, il rinnovamento della politica …» (Doc. Finale, §127 e 132). Come comunità diocesana, ci aspettiamo molto dalla ricostituita Consulta delle aggregazioni laicali, certo senza scambiarla per un organismo a cui delegare le responsabilità comuni e le iniziative sociali, ma come coscienza critica e centro propulsore.

Siamo venuti qui a celebrare la Messa, in un giorno tanto significativo, dopo aver compiuto una marcia attraverso il centro della città, perché confidiamo in Dio più che in noi stessi, ma anche perché assumiamo tutti i nostri impegni di fronte alla società, fino a quello politico che li armonizza e li compie. Avvertendone la serietà, ci uniamo a Cristo, il Principe della pace, perché sia lui a unirci a sé nell’offerta che ora rinnoverà sull’altare. Ci rendiamo conto che non è possibile scindere dalla vita cristiana l’impegno politico, la fatica per rinnovare la convivenza civile con l’apporto di tutti. Offriamo quindi anche la nostra fatica, cominciando da un atto di fiducia e di generosità disinteressata, senza cercare né vantaggi né riconoscimenti. Proponiamoci all’inizio di questo 2019 di rinnovare in particolare l’associazionismo cattolico, rendendolo più attivo in campo sociale. «Questo richiede il coraggio – cito ancora dal documento finale del sinodo – di farsi voce di chi non ha voce presso i leader mondiali, denunciando corruzione, guerre, commercio di armi, narcotraffico e sfruttamento delle risorse naturali e invitando alla conversione coloro che ne sono responsabili» (Ivi,§ 151).