Mentre trascorriamo le ultime ore dell’anno 2018, tenendo presente anche la conclusione dell’Ottava del Natale, ci chiediamo anzitutto perché e di che cosa ringraziare insieme il Signore. Ci chiediamo anche come trascorrere queste preziose ore: non esorcizzando il male, la paura, la disperazione, ma festeggiando ancora Gesù, il Figlio di Dio che viene sacramentalmente nel mondo come uno di noi per operare la salvezza dell’uomo. Infatti Dio solo salva – è questo il significato del nome Gesù – ma Dio non salva da solo: ha voluto aver bisogno di una creatura umana, Maria, vera madre del Figlio di Dio e non semplice “fattrice”, nuova Eva, perciò madre di tutti i redenti. A partire da lei, ogni uomo è chiamato a collaborare per rinnovare l’umanità e l’intero creato: ciascuno secondo la propria vocazione personale, sviluppando le proprie doti, con la propria irripetibile storia. Ne consegue anche che ciascuno, in quanto cittadino, è chiamato a coltivare ed esercitare la politica mettendola a servizio della pace.

È significativo concludere l’anno celebrando la primaria collaborazione di lei, Regina della pace. Aderendo al disegno di Dio e mantenendosi nel ruolo ordinario di sposa e madre in seno al suo popolo, accompagnò suo figlio fin sotto la croce, alla quale era stato condannato per avere dichiarato di rendere testimonianza alla verità. Fare politica non richiede agitarsi né parlare molto, ma essere veri, fedeli a Dio e al popolo.

Il ringraziamento per l’anno trascorso non si risolve in un atto formale di buona educazione religiosa; riconoscere di essere stati benedetti da Dio è la premessa per invocare la sua benedizione sull’anno che sta per cominciare. Ci sentiamo particolarmente grati e responsabilmente maturi nel concludere il 2018 dopo l’accresciuto ascolto dei giovani, al quale è stato dedicato il sinodo dei vescovi svoltosi in Vaticano durante il mese di ottobre. Questo evento, anche se non ha coinvolto emotivamente l’intera opinione pubblica, merita di essere ricordato più di altri. Se vogliamo fare sintesi dell’anno raccogliendo i primi frutti dell’assemblea sinodale, dobbiamo riferirci al suo documento finale. In esso troviamo affrontati i temi principali che – al di là del puro dato di cronaca – hanno segnato le nostre giornate con il loro carico di gioie e sofferenze, di speranze e di delusioni.

Il sinodo ci fa ritrovare quella “giovinezza della Chiesa” che il tempo non può consumare. «Crediamo infatti – hanno dichiarato i padri sinodali – che anche oggi Dio parla alla Chiesa e al mondo attraverso i giovani, la loro creatività e il loro impegno, come pure le loro sofferenze e le loro richieste di aiuto … I giovani sono uno dei “luoghi teologici” in cui il Signore ci fa conoscere alcune delle sue attese e sfide per costruire il domani» (XV assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, Doc. Finale, n. 64).

Mettere in evidenza il sinodo sui giovani, tra gli avvenimenti significativi per i quali ringraziare il Signore alla fine dell’anno, significa ringiovanire in modo autentico, senza scimmiottarli, senza adularli, ma impegnandosi a valorizzarli tanto nella vita ecclesiale quanto in quella civile.