Dopo che è stata diffusa la notizia delle mie dimissioni, avverto due doveri. Il primo è quello di ringraziare quanti mi hanno espresso comprensione e vicinanza, magari anche rammarico. Il secondo è quello di approfittare dell’occasione per sentirci tutti corresponsabili della Diocesi. In essa, c’è bisogno sicuramente della guida pastorale, ma anche del contributo di ciascuno. Un nuovo vescovo sarà nominato, tra qualche mese, ma vorrei chiedere a me stesso e a tutti di non attenderlo passivamente, come restando al balcone. Abbiamo l’opportunità di traghettare la nostra antica Chiesa verso una nuova giovinezza, passando da un’adesione al cristianesimo per tradizione ad un’adesione convinta e perciò aperta al dialogo. Le direttive pastorali e le aperture di papa Francesco non siano ridotte a slogan, ma impegniamoci a confrontarci apertamente e frequentemente sulla fede tanto nei luoghi di lavoro e nelle aule scolastiche quanto nei ritrovi e nei luoghi di cultura. Superiamo le remore della passata contrapposizione tra credenti e non credenti– marxisti o radicali – come pure di quella recentissima – meno formulata, ma proprio per questo più temuta – tra cristiani e musulmani.
Viviamo sotto lo stesso sole, nello stesso Paese, condividiamo un’eredità bellissima che dall’Italia si estende ad abbracciare l’Europa: anziché ignorarci o – peggio – contrapporci, lavoriamo insieme per appianare i contrasti e affrontare le sfide poste dalla globalizzazione. Il recente sinodo dei vescovi sui giovani, sul quale attendiamo le riflessioni e le direttive del Papa, è destinato ad incidere profondamente sul modo di dialogare e interagire tra giovani ed adulti, tanto in seno alle parrocchie e la diocesi quanto in seno alla società civile. Alcuni aspetti della problematica sono ben presenti a tutti, altri attendono una più approfondita presa di coscienza. Così, mentre si intraprendono sforzi costruttivi per incentivare l’occupazione giovanile ed evitare la fuga dei cervelli, non si riesce ancora a cogliere la novità e la sfida nascosta nella presa di distanza dei giovani dalla Chiesa, anzi dalla religione in generale, e dalla politica. Mentre si chiede una politica di qualità, non ci si prepara né ci si impegna ad esercitare bene il proprio ruolo pubblico (né da adulti né da giovani), ma ci si rifugia nel privato, nel consumismo, talvolta nell’evasione del gioco d’azzardo o dell’alcool o degli stupefacenti. Imola porta in sé grandi risorse umane e spirituali, che non può impunemente trascurare, anzi è chiamata a metterle a disposizione anche degli immigrati, anche delle città vicine, che le riconoscono un elevato profilo sociale, civile ed economico. Un motivo in più per profittare del momento presente e meritarci un nuovo vescovo che sappia svegliare, unificare, infondere fiducia.

Mons. Tommaso Ghirelli – Vescovo di Imola