L’arrivo nel cuore della città e della comunità ecclesiale di Imola di questa sacra Immagine genera un fremito di entusiasmo; fa uscire le famiglie dalla sfera del privato, fa sentire il gusto di far parte di un popolo e di essere – in fondo – un cuore solo e un’anima sola. L’accorrere festoso a salutare la Madonna lungo le strade della città e in Cattedrale si prolunga per un’intera settimana, cominciando con le speciali preghiere chiamate Rogazioni e culminando nella solennità dell’Ascensione. Si tratta di un’esperienza popolare che ripropone un aspetto importante della vita della Chiesa: riproduce infatti la condizione emblematica della prima comunità di discepoli del Signore. Essi stavano insieme, dopo la sua risurrezione e le sue apparizioni, “assidui e concordi nella preghiera, insieme con Maria e le altre donne”, come pure con suoi parenti (cfr At 1,14). Sperimentavano una nuova condizione, caratterizzata dal permanere e consolidarsi di un atteggiamento e di un vincolo inedito; da una presenza non più fisica, ma  spirituale, che trovava proprio nella persona della Madre di Gesù il suo centro sensibile, chiaramente materno. Una nuova condizione in continuità con quella precedente, quando Gesù ne era visibilmente il cemento e la guida.

Questa settimana sarà dunque contraddistinta dal raccoglimento nella preghiera, dall’intimità fraterna, dall’attesa del compimento dell’ultima promessa del Risorto: l’effusione dello Spirito Santo. La Madonna verrà percepita più intensamente quale tramite, che mette in rapporto con Gesù, con la sua umanità e in particolare con la sua corporeità. Egli non è un simbolo, ma il Verbo fatto carne, inserito nella storia di questo mondo una volta per sempre. Da lui attendiamo la salvezza in senso pieno e attuale: la liberazione dai vari mali che ci affliggono, sfocianti nella morte. Da lui attendiamo un cambiamento che inizi subito e si propaghi dall’umanità a tutti gli esseri viventi e infine all’ambiente.
La Madonna, anche solo nella fisicità di un’immagine, diventa il nostro punto di riferimento. Come donna e come madre, garantisce la continuità fra la prima comunità dei discepoli e la Chiesa di oggi, tra la dottrina del Vangelo e la vita pratica, tra il Gesù “uno di noi” e il Gesù del regno di Dio che viene con potenza, tra il Gesù della storia e il Gesù che “verrà a giudicare i vivi e i morti”, come recitiamo nel Credo. Il suo amore materno ci raggiunge nel concreto della nostra vita, di questa città, per farci convinti che il nostro non è un sogno: siamo realmente in contatto con il suo Figlio, con il Gesù di duemila anni fa tuttora vivo e operante con la potenza del suo Spirito.

Notiamo che l’esperienza cristiana non è tutta compresa in questa istantanea, la quale fornisce piuttosto un punto di partenza e un presupposto in vista di futuri sviluppi; tuttavia essa resta un passaggio essenziale, come saldatura tra l’atto di fede, cioè l’adesione alla persona di Gesù, e l’opera missionaria, con la conseguente diffusione della Chiesa, che rimane sempre unica, sempre la stessa, mentre si incarna nelle diverse culture e si perpetua nel tempo. Maria rappresenta la radice di questa esperienza e il suo permanere nel dinamismo della missione.
La settimana che ci apprestiamo a trascorrere a partire da questa sera ha il sapore e la serietà impegnativa della fede, oltre alla gentilezza dei sentimenti. Viviamola intensamente, cari Imolesi, radunando i nostri ideali e le nostre ansie, le nostre speranze e le nostre semplici gioie. Viviamola insieme con gusto, attenti ai bisogni dei più deboli ma anche contenti delle bellezze della nostra religiosità: di quella tradizionale e di quella emergente.