Eccellenza reverendissima Giovanni Mosciatti,
in questa giornata di festa così importante per la nostra Diocesi, come prima rappresentante della Città di Imola e con profondo spirito di accoglienza, nella certezza che saprà raccogliere al meglio il prestigioso testimone dell’opera meritoria del Suo predecessore, Monsignor Tommaso Ghirelli, Le rivolgo il più caloroso saluto della Città, il mio personale e quello delle tante autorità civili e militari quest’oggi presenti.
La comunità imolese, storicamente devota al culto mariano della Beata Vergine del Piratello e protetta dal martire cristiano San Cassiano principale artefice della nascita e dello sviluppo della comunità cristiana in città, ha sempre ritenuto la voce del Vescovo un prezioso ed essenziale contributo nell’opera di comprensione del senso del proprio cammino.
Un percorso contraddistinto dal marcato attivismo, dall’intelligenza, dallo spirito di sacrificio e dalla generosità di uomini e donne impegnati quotidianamente nella costante opera di affinamento e miglioria delle proprie risorse. Un popolo, quello romagnolo, solidale, tenace e pugnace, con posizioni politiche, sociali, religiose e ideali diverse, variegate, spesso tra loro contrapposte, ma accomunate dall’amore per la propria terra e le proprie radici.
Imola è una città distintasi nei secoli e conosciuta nel mondo dal punto di vista culturale, architettonico, imprenditoriale, ecclesiastico e sportivo annoverando presenze eccellenti, tra le quali spiccano quelle concomitanti di Leonardo da Vinci e Niccolò Machiavelli, che hanno contribuito con assoluto rispetto e dedizione a tratteggiarne fisionomia ed identità.
Imola è anche luogo di culto e di preghiera, un tempo alla diretta dipendenza della Santa Sede, capace di ospitare illustri visite papali, in tempi antichi e più recenti, oltre alla rilevante presenza del vescovo Giovanni Maria Mastai Ferretti che, dopo la permanenza nella diocesi cittadina, salì al soglio pontificio come Papa Pio IX°. Uno splendido scrigno a custodia del significativo patrimonio di arte, cultura e bellezza che la Chiesa imolese ha sempre generosamente condiviso con tutti.
Una comunità che ha sempre saputo reagire con profonda umanità e dignità agli eventi tragici della storia come ci insegna quella medaglia d’oro al valor militare per attività partigiana cucita al petto degli imolesi che ha fatto della Resistenza la naturale risposta al dramma della Seconda Guerra Mondiale.
I principi della nostra civiltà sono continuamente messi alla prova e viaggiano di pari passo con l’evoluzione dei tempi che oggi consegna alle nuove generazioni l’impegno per la cura del destino comune. Il nostro compito di amministratori e politici è quello di restituire fiducia, coerenza ed esempi attraverso il dialogo, la condivisione, la partecipazione, la solidarietà e quella genuinità tanto cara al Santo Padre.
Lei, Vescovo, ci insegna attraverso il suo sacerdozio l’importanza di stare tra la gente ed il profitto dell’azione concreta per esorcizzare le paure del presente e le incertezze del futuro. Missione che guida ogni giorno l’operato della florida rete dell’associazionismo di volontariato locale, in un concerto d’intenti con gli educatori della Chiesa, nella volontà di ricerca del necessario scatto di crescita morale, umana e civile.
Una ritrovata politica educativa che ci accomuna tutti; uno stimolo proteso all’inserimento dei nostri ragazzi nel mondo del lavoro e, più generale, nell’apprezzamento quotidiano del dono della vita. La accoglie un popolo che non mancherà di ascoltare con attenzione il suo ministero pastorale, le sue parole e le sue azioni, al di là delle legittime diverse posizioni di ciascuno nei confronti della Chiesa Cattolica.
Ci occorrono guide ed esempi in una società spesso liquida, disgregata e frammentata. Gli imolesi possiedono un intuito infallibile per capire chi veramente si preoccupa e si occupa di loro, e sanno contraccambiare questo affetto in modo sincero e ruvidamente romagnolo.
In questo viaggio assume grande rilevanza la sinergia tra istituzioni civili e religiose, in grado di fronteggiare l’emergenza individualistica, le crescenti diseguaglianze sociali e la solitudine.
Per quanto riguarda il Comune di Imola posso garantirle sin d’ora, nel rispetto dei diversi ruoli, il massimo grado di collaborazione al bene comune, che è stato, è e sarà nostro costante assillo, salvaguardando il principio di imparzialità confessionale, doveroso per un ente pubblico, che tuttavia non impedisce un rapporto cordiale, franco e costruttivo, come è avvenuto con il suo venerato predecessore.
Istituzioni pubbliche e Chiesa Cattolica devono essere separate, ma non divise. Il mio auspicio è che il suo episcopato, che si annuncia lungo, fecondo e ricco di ampi orizzonti, lo sia davvero per tutti e che nessuno rimanga indietro.
Benvenuto ad Imola Vescovo Giovanni Mosciatti.
Manuela Sangiorgi
Sindaca di Imola
Gentilissima Sindaca di questa bellissima città,
e illustrissime autorità civili e militari quest’oggi presenti,
è con profonda gratitudine e trepidazione che accolgo l’indirizzo di saluto che mi è stato ora rivolto e che mi rende sempre più consapevole del compito importante che il Vescovo è chiamato a compiere, anche guardando e ringraziando il mio grande predecessore, Mons. Tommaso Ghirelli, a cui va tutta la mia stima e l’affetto di un figlio che vuole seguire ed imparare dal padre, ed insieme a lui voglio ricordare il venerato vescovo emerito Mons. Giuseppe Fabiani, recentemente scomparso.
Mi colpisce molto la sua affermazione che la comunità imolese ha sempre ritenuto la voce del Vescovo un prezioso ed essenziale contributo nell’opera di comprensione del senso del proprio cammino.
Ma ci ha anche ricordato che i principi della nostra civiltà sono continuamente messi alla prova e viaggiano di pari passo con l’evoluzione dei tempi, e di come sia fondamentale, oggi, stare tra la gente, con un’azione concreta, per esorcizzare le paure del presente e le incertezze del futuro.
È vero, negli animi di tanta gente si nota l’ombra di una grande paura, di una profonda insicurezza. Ma di che si tratta? Come farvi fronte? Se le persone non trovano una risposta radicale alla paura, questa prende il sopravvento e produce reazioni scomposte.
La società – con tutte le sue istituzioni, i partiti, i sindacati, le scuole di ogni ordine e grado, e le sue realtà vive, le comunità, la Chiesa – ha davanti una sfida: chi risponde a questo bisogno di sicurezza che compare insieme alla paura?
La risposta all’insicurezza non può essere soltanto sociale, deve essere risposta alla domanda di senso, perché l’uomo non è mai riducibile solo ai suoi aspetti materiali.
Credo che la Chiesa, i cristiani abbiano a questo riguardo un compito unico. Se l’uomo non trova una risposta adeguata alla natura del suo desiderio, in fondo resta sempre a disagio, cerca soluzioni insufficienti e finisce vittima della paura o della violenza.
Il cristianesimo può stare davanti a questo desiderio, come ricorda Agostino: «Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te», fino a quando cioè non incontra una presenza proporzionata alla profondità del desiderio.
Se una comunità civile non lavora per questo, non potrà evitare di dare risposte sempre insufficienti.
Intendiamoci: una realtà, in quanto realtà politico-economica, non deve rispondere all’esigenza ultima dell’uomo, perché non è il suo scopo e giustamente Lei signora sindaca ce lo ha ricordato, sottolineando il rispetto dei diversi ruoli; ma dall’altra deve riconoscere qual è la natura del problema e lasciare lo spazio per la risposta.
Una convivenza è possibile quando crea e garantisce quello spazio di libertà in cui si possano incontrare le diverse risposte di senso. Solo se una comunità civile rimane e diventa sempre di più tale spazio di libertà, potremo condividere la ricchezza che l’uno o l’altro avrà trovato nella vita e potremo offrirla come risposta alle esigenze e alle sfide che abbiamo davanti.
Si tratta di uno spazio in cui sia anzitutto salvaguardata la possibilità di riconoscere quel qualcosa di più che costituisce l’uomo, che ci rende tutti esseri umani, per quanto diversi e unici nella propria complessità. Questo è il grande contributo che il cristianesimo e la dimensione della fede possono offrire al bene comune.
Questo cammino insieme per trovare la strada, in una condivisione che costantemente prende l’iniziativa e corregge le cose che non vanno, dove ciascuno diventa veramente protagonista, può procedere se siamo disponibili a ripartire sempre, a cambiare, a ricominciare da capo.
La provocazione della realtà è sempre presente e fa parte del cammino umano, sostenuto dai contributi che possono dare gli ultimi, quell’aiuto che ti offrono le persone più impensabili.
Quello che i nostri antenati avevano percepito come un bene, il mettersi insieme dopo il dramma della seconda guerra mondiale – cominciando con gesti concreti, di cui la cooperazione è uno splendido esempio, adesso che abbiamo sviluppato tutto, ci sembra nulla; per loro invece è stato l’inizio concretissimo di un cammino che è fiorito, come giustamente ci ricorda la grande medaglia d’oro al valor militare della nostra città.
Inoltre tanti, ancora oggi, temono che, se non abbiamo certi posti o certi numeri, la nostra presenza diventi irrilevante. Ma la rilevanza, l’incidenza storica di una presenza, non dipende dai numeri, bensì dalla sua diversità. Un’opera artistica non dipende dalle dimensioni, dipende dalla bellezza che manifesta, dalla diversità che porta in sé e che comunica. Basti pensare alle piccole dimensioni dell’icona della Madonna del Piratello e nello stesso tempo alla profonda incidenza di questa icona su tutto il tessuto vitale di questa città e diocesi.
È questo che Cristo ha portato, una diversità, che a noi suona come un paradosso: che Dio decida di andare incontro all’uomo smarrito e che per farlo si spogli della sua divinità ci sembra assurdo. Questa è la forza della presenza dei cristiani: dovunque essa è autenticamente vissuto genera nuova vita, anche dentro la sua apparente povertà, la sua apparente insignificanza. La Chiesa è questa bellezza che sta dentro il mondo, che fa sempre nuove tutte le cose.
Questo è il grande contributo – proprio adesso che i numeri sono quello che sono – che i cristiani sono chiamati a dare.
Per noi è un nuovo inizio. Ma per la Chiesa è una “vecchia storia”, come ci testimonia tutta la meravigliosa storia di santità di questa terra nel corso dei secoli. A questa testimonianza siamo chiamati anche oggi.
Io sono qui con tutta la mia povertà ma pieno di desiderio di poter dare tutto me stesso per questo compito.
Mi affido subito alla misericordia degli imolesi che hanno l’intuito infallibile per capire chi veramente si preoccupa e si occupa di loro, come Lei ci ricordava, e spero sappiano contraccambiare questo grande affetto in modo “sincero e ruvidamente romagnolo”.
Mi affido anche al nostro grande San Pietro Crisologo, vescovo originario di Imola, sepolto in questa splendida cattedrale che ha descritto l’ideale del vescovo in uno dei suoi sermoni e che io vorrei davvero imitare:
“Essere in Cristo il libero servo di tutti”.
Grazie.
Monsignor Giovanni Mosciatti,
vescovo della Diocesi di Imola