Una tre giorni per i ragazzi voluta dai ragazzi. La Pastorale giovanile diocesana, insieme con il gruppo dei frati dei cappuccini e del Piratello, ha trascorso il weekend da venerdì 8 a domenica 10 novembre ad Assisi per continuare il percorso francescano intrapreso. A tema non tanto la figura del celebre santo, già approfondita le scorse volte, bensì il concetto di vocazione attraverso due parole tipiche del dialogo tra Dio e l’uomo: promessa e rischio. In particolare si sono presi in considerazione i primi discepoli, Abramo e Santa Chiara. Una visita speciale è poi avvenuta durante la meditazione del sabato pomeriggio: il vescovo Giovanni Mosciatti si è intrattenuto ad Assisi stimolandoli con il racconto della sua vocazione. «Tanti giovani sono venuti in gita perché invitati da altri: questo è il Cristianesimo! Vedi una cosa bella e la segui» ha commentato don Samuele Nannuzzi, direttore dell’Ufficio per la pastorale giovanile. Nei racconti di qualche ragazzo che ha partecipato alla tre giorni si scorge l’inizio di un cammino che pone, inevitabilmente, delle domande. «Ho capito che nulla ci appartiene davvero. Non siamo noi i padroni della nostra vita e di quella degli altri. Gli scenari che ci stanno attorno possono cambiare ma l’unica certezza su cui dobbiamo appoggiarci è la relazione con Lui, che ci fa una promessa per l’eternità e ci chiede di rischiare nell’amore» riflette Beatrice. Aggiunge Franco: «Sono state dette tante cose in questo ritiro, ma un concetto mi ha dato da pensare più di altri: l’idea di “vivere la promessa da creditore e non da debitore”. Cosa significa? Significa vivere pensando che c’è tanto che il mondo ci dà e può darci, e che tutto ciò che riceviamo è per certi versi un “di più”, perché è un dono. Significa anche non essere troppo attaccati alle cose e non starci troppo male se qualcosa non va come ci aspettavamo. Significa che a volte non otteniamo quello che pensiamo di volere perché c’è una promessa molto più grande che è stata preparata per noi. Questo modo di vivere la vita “senza pretese” potrebbe sembrare rassegnazione, ma invece è il modo di vivere davvero in libertà. Pensavo di aver già passato delusioni e situazioni che mi avevano fatto interiorizzare almeno in parte questo concetto, invece quest’idea mi ha messo più inquietudine che senso di leggerezza. Questo vuol dire che sono stato colpito nel segno e che quindi ho ancora della zavorra che mi frena dall’essere davvero libero di accettare il rischio e cogliere la promessa»