Ebreo di origine, nacque probabilmente fuori della Palestina, da famiglia agiata. San Pietro, che lo chiama “figlio mio”, lo ebbe certamente come compagno viaggi missionari in Oriente e a Roma, dove avrebbe poi scritto il Vangelo. Oltre alla familiarità con san Pietro, Marco può vantare una lunga comunità di vita con l’apostolo Paolo, che incontrò nel 44, quando Paolo e Barnaba portarono a Gerusalemme la colletta della comunità di Antiochia. Al ritorno, Barnaba portò con sé il giovane nipote Marco, che più tardi si troverà al fianco di san Paolo a Roma. Nel 66 è Paolo a darci l’ultima informazione su Marco, scrivendo dalla prigione romana a Timoteo: “Porta con te Marco. Posso bene aver bisogno dei suoi servizi”. Circa la morte, sopraggiunta probabilmente nel 68, ci sono ipotesi discordanti: o naturale o come martire ad Alessandria d’Egitto, trascinato dai pagani per le vie della città legato con funi al collo. Gettato in carcere, il giorno dopo subì lo stesso atroce tormento e soccombette. Il suo corpo, dato alle fiamme, venne sottratto alla distruzione dai fedeli. Secondo una leggenda due mercanti veneziani avrebbero portato il corpo nell’828 nella città della Venezia.

Ne facciamo memoria con la bella tela dipinta nel 1720 da Ignazio Stern (Mauerkirchen, 1679 – Roma, 1748), custodita nella Chiesa del Suffragio di Lugo.
MV