Secondo figlio dei nobili Giovanni de Lellis e Camilla de Compellis, Camillo – un gigante di forza, di coraggio, di carità e di dolcezza – fu soldato di ventura. Persi i suoi averi al gioco, si mise al servizio dei Cappuccini di Manfredonia fino a convertirsi e ad entrare nell’Ordine. Per curare una piaga riapertasi, tornò a Roma nell’ospedale di San Giacomo degli Incurabili, dove si dedicò soprattutto ai malati. Si consacrò a Cristo, riprese  gli studi al Collegio Romano e, divenuto sacerdote nel 1584, fondò la «Compagnia dei ministri degli infermi». L’ordine dei Camilliani si distinse per lo spirito della sua opera legata alla carità misericordiosa e per l’abito caratterizzato dalla croce rossa di stoffa sul petto. De Lellis pose attenzione unicamente ai malati, ponendo le basi per la figura dell’infermiere e del cappellano quali li vediamo oggi. Morì a Roma nel 1614 e venne canonizzato nel 1746 da papa Lambertini.
Ne facciamo memoria con l’immagine di una stampa dell’incisore bolognese Giovanni Foschi (Bologna, 1743 – 1778) su disegno di Giacomo Alessandro Calvi (Bologna, 1740 -1815) da un dipinto di Felice Torelli (Verona, 1667 – Bologna, 1748) che lo raffigura in estasi di fronte al crocifisso (eredità mons. Pompignoli).

MV