Due anni di episcopato, tanto intensi quanto inediti. Monsignor Mosciatti il 13 luglio festeggia il suo secondo anniversario come pastore della nostra Diocesi, occasione che verrà ricordata nel corso della messa di martedì alle 18 celebrata proprio dal vescovo nella cattedrale di San Cassiano. Come il primo anno, anche il 2020/21 è stato segnato dalla pandemia, ma con una importante differenza: una ripartenza che appare sempre più vicina. Ecco il messaggio di mons. Mosciatti.


Sono ormai passati due anni da quel 13 luglio del 2019 quando con l’ordinazione episcopale è iniziato il mio cammino di pastore nella grande realtà della Diocesi di Imola. Quante cose sono accadute in questo tempo, quanti volti, quante storie, quante testimonianze, quanti problemi da risolvere, quanto aiuto e quante domande. Abbiamo vissuto e viviamo un tempo difficile. La pandemia ancora fa sentire i suoi effetti. E in tutto questo papa Francesco ci ha ricordato che “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. Abbiamo attraversato mesi in cui un virus ci ha rimessi davanti a ciò che è essenziale nella vita, ma il virus si comporta come tante altre cose: accade, ci impatta, quasi ci costringe ad aprire gli occhi sul fatto che l’esistenza non ci appartiene e ce ne fa scoprire la grandezza di puro dono. Che cosa ci sta insegnando questo tempo? L’incontro con Cristo spalanca la nostra ragione a vedere la profondità ultima della realtà e della nostra esistenza. Sappiamo di crescere come uomini quando ci sorprendiamo di vivere il nostro presente senza scappare, senza rinunciare alla promessa di compimento. C’è una tentazione: il pensare che, di fronte a tanti problemi e carenze, la risposta migliore sarebbe riorganizzare le cose, fare cambiamenti e specialmente rammendi, che consentano di mettere in ordine e in sintonia la vita della Chiesa, adattandola alla logica presente. Nella Evangelii gaudium papa Francesco ci esorta a passare da una vita della Chiesa atta a conservarsi ad una pastorale missionaria, capace di annunciare il Vangelo, così da sperimentare la gioia e la pienezza che il Risorto le ha promesso. Si tratta di una vera e propria conversione pastorale, un cambiamento di mentalità, dove la tensione all’annuncio del Vangelo diventa prioritaria rispetto alla conservazione dell’esistente e conferisce una forma nuova alla vita e all’azione della comunità ecclesiale e civile. La giovinezza della Chiesa non è nell’efficienza delle sue strutture o nella semplice capacità di adattamento ad una situazione mutata. Essa è piuttosto la capacità di ritornare continuamente alla sua fonte: la presenza di Cristo e la forza del Suo spirito ogni giorno. Per questo possiamo guardare al futuro con fiducia e speranza. È un cammino di risposta a Colui che ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4,19); un cammino che rende possibile una fede vissuta, sperimentata, celebrata e testimoniata con gioia. Per affrontare questa situazione la Chiesa ci suggerisce un itinerario sinodale, ossia camminare insieme con tutta la Chiesa sotto la luce, la guida e l’irruzione dello Spirito Santo, per imparare ad ascoltare e discernere l’orizzonte sempre nuovo che ci vuole donare. E la prima testimonianza è la nostra unità. Lo strumento più importante è l’unità, una unità permanente, operativa. Imparare a conoscersi e a stimarsi è il motore che ci permette di leggere la realtà e di camminare insieme, con pazienza, con l’umile e sana convinzione che la Chiesa è e sarà sempre pellegrina nella storia, portatrice di un tesoro in vasi di creta (2 Cor. 4,7).

Monsignor Giovanni Mosciatti