Il 24 ottobre la porta santa della cattedrale di San Cassiano ruoterà sui suoi cardini e si aprirà.
È il gesto che sancisce l’inizio dell’anno giubilare che la Diocesi di Imola ha scelto di indire per celebrare i 750 anni della dedicazione del duomo al martire Cassiano, attorno al cui martirio la Chiesa imolese è nata e si è sviluppata.
«Un tempio di mattoni casa di una Chiesa viva, fatta di persone» come ricorda il vescovo nella lettera rivolta ai fedeli, che di seguito riportiamo. Uno spunto, una riflessione per la comunità tutta per capire quanto sia eccezionale il momento che la Diocesi si appresta a vivere. Il Giubileo diocesano sarà inoltre impreziosito dalla presenza, nella giornata di apertura, del cardinale di origine imolese, sua eminenza Mauro Gambetti.


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Carissimi,

con grande gioia e con profonda gratitudine al Signore annuncio all’intera comunità che il 24 ottobre ricorrerà il 750° anniversario della Dedicazione della basilica cattedrale di Imola, dedicata a Dio onnipotente in onore di san Cassiano martire. Quel giorno ci verrà data la grazia di aprire solennemente l’anno di grazia giubilare, fino al giorno 24 ottobre 2022. È una occasione straordinaria che ci ricorda l’immensa ricchezza della fede, dell’appartenenza alla Chiesa diocesana, della fedeltà perenne di Dio verso il suo popolo in questa terra benedetta da Dio attraverso il patrocinio del santo patrono Cassiano.
La speranza è che in questo tempo, dopo la dura prova della pandemia possiamo gustare la gioia di ritrovarci e di poter vivere una reale ripresa della nostra vita. Vorremmo poter vivere solenni celebrazioni e varie iniziative, per accrescere in tutti le virtù della Fede, della Speranza e della Carità, per poter gustare la gioia del Vangelo e rafforzare maggiormente l’unità con il vescovo e con il papa, che la chiesa cattedrale esprime, per un rinnovato slancio missionario.

Anzitutto dobbiamo riconoscere che questa ricorrenza non è la sola. Ripercorrendo un po’ la storia sappiamo che la primitiva cattedrale di San Cassiano sorgeva fuori delle mura cittadine, nell’area attualmente denominata Villa Clelia, dove era sepolto il corpo di san Cassiano. Intorno ad essa si sviluppò nel corso dei secoli un nucleo abitato denominato Castrum Sancti Cassiani.
A seguito di alterne vicende il vescovo Enrico accettò di trasferire in città la sede episcopale e il 3 luglio 1187 ricevette dai consoli di Imola il terreno detto del Montale. In esso venne costruita l’attuale cattedrale. Nei primi anni del XIII secolo venne eretta la cripta e vi furono riposte le reliquie dei santi imolesi Cassiano, Pietro Crisologo, Proietto e Maurelio. Il 24 ottobre 1271 il vescovo Sinibaldo Miloti da Certaldo consacrò il nuovo tempio.
Con il passare del tempo, dalla fine del secolo XVII si erano rese necessarie ripetute riparazioni del complesso della cattedrale, tanto che al vescovo Gian Carlo Bandi si deve una radicale trasformazione architettonica della chiesa di San Cassiano, tanto da potersi a giusta ragione parlare di una terza cattedrale, le cui strutture sono in massima parte quelle ancora oggi visibili. Progettista ed esecutore dell’opera di ristrutturazione fu l’architetto Cosimo Morelli. Il 28 maggio 1782 la cattedrale fu solennemente consacrata da Pio VI, in sosta ad Imola nel suo viaggio di ritorno da Vienna e così in questo anno giubilare avremo la grazia di celebrare anche i 240 anni della seconda consacrazione.
Il 17 dicembre 1981 un breve di papa Giovanni Paolo II, che la visitò poi nel 1986, le ha attribuito il titolo di basilica minore, concesso solo a quelle chiese che siano riconosciute particolarmente illustri per antichità, importanza, ricchezza di tradizioni religiose, storiche ed artistiche. E così il nostro anno si arricchisce di una nuova ricorrenza: i 40 anni dell’attribuzione della dignità di basilica minore.

Durante l’anno giubilare, potremo vivere tanti momenti di incontro e compiere anche pellegrinaggi alla cattedrale dai diversi vicariati, dalle parrocchie o insieme ai movimenti e alle associazioni della Diocesi, come evento di comunione tra le comunità nella Chiesa madre di tutte le chiese. Per concessione del santo padre Francesco, per tutto quest’anno giubilare sarà possibile ricevere il dono dell’indulgenza plenaria nella nostra basilica alle condizioni solite. Le restrizioni, che speriamo di vivere solo in questa prima parte del Giubileo, ci portano a vivere ancor più il carattere penitenziale e di conversione, e speriamo che lungo questo percorso il Signore ci allontani da questa pandemia. Così come la ricostruzione della cattedrale tracciò l’inizio della ripartenza, per noi queste celebrazioni segnino l’avvio di una nuova primavera.
La celebrazione di questo anno giubilare sia per tutti i credenti un vero momento di incontro con la misericordia di Dio. Che sia esperienza viva della vicinanza del Padre che accoglie e perdona, quasi a voler toccare con mano la sua tenerezza, perché la fede di ogni credente si rinvigorisca e così la testimonianza diventi sempre più efficace. Per vivere e ottenere l’indulgenza i fedeli saranno chiamati a compiere un breve pellegrinaggio verso la porta santa, aperta in cattedrale, come segno del desiderio profondo di vera conversione. È importante che questo momento sia unito, anzitutto, al sacramento della Riconciliazione e alla celebrazione della Santa Eucaristia, accompagnando queste celebrazioni con la professione di fede e con la preghiera per il papa, per le intenzioni che porta nel cuore per il bene della Chiesa e del mondo intero.
A quanti, per diversi motivi, saranno impossibilitati a recarsi alla porta santa, in primo luogo gli ammalati e le persone anziane e sole, spesso in condizione di non poter uscire di casa, sarà di grande aiuto vivere l’esperienza di vicinanza al Signore nel mistero della sua passione, per dare senso al dolore e alla solitudine. Vivere con fede e gioiosa speranza questo momento di prova, ricevendo la comunione o partecipando alla Santa Messa e alla preghiera comunitaria, anche attraverso i vari mezzi di comunicazione, sarà per loro il modo di ottenere l’indulgenza giubilare.
Essa, infine, potrà essere ottenuta anche per quanti sono defunti. A loro siamo legati per la testimonianza di fede e carità che ci hanno lasciato. Come li ricordiamo nella celebrazione eucaristica, così possiamo, nel grande mistero della comunione dei santi, pregare per loro, perché il volto misericordioso del Padre li liberi da ogni residuo di colpa e possa stringerli a sé nella beatitudine che non ha fine.

Davvero questo anno sarà l’occasione per riflettere sul mistero della cattedrale, da riscoprire sempre più quale mistero di Comunione. «La Chiesa è una comunione. Una comunità di fede, che si costruisce sulla parola di Dio e sui sacramenti. È un edificio, per vari aspetti, sempre in costruzione, e i costruttori sono tutti i componenti, nessuno escluso, chiamati a cooperare unitariamente alla meravigliosa impresa», come disse san Giovanni Paolo II visitando la nostra cattedrale il 9 maggio 1986.
Il tempio di mattoni è il simbolo della Chiesa viva, la comunità cristiana, che già gli Apostoli Pietro e Paolo, nelle loro lettere, intendevano come edificio spirituale, costruito da Dio con le pietre vive che sono i cristiani, sopra l’unico fondamento che è Gesù Cristo, paragonato a sua volta alla pietra angolare (cfr. Ef 2,20-22). Intorno alla parola di Dio e alla mensa dell’Eucarestia la Chiesa di pietre vive si edifica nella verità e nella carità e viene interiormente plasmata dallo Spirito Santo, conformandosi sempre più al suo Signore Gesù Cristo.
E allora tutto può diventare oggetto d’amore partendo da questa dimora. La grande dimora della Chiesa si incarna, si realizza in terminali capillari dentro le case, le dimore, in una dimensione quotidiana di spazio e di tempo. E ciascuno di noi è stato scelto come pietra viva a formare, a generare un’esistenza sperimentabile a tutti, testimoniando che Cristo è il Re dell’Universo, che tutto ha consistenza in Lui.
Si capisce allora perché anche la comunità nella scuola o in università, sul luogo di lavoro, la comunità del quartiere o un certo gruppetto sono una casa o una famiglia, parte di una dimora totale, più grande, che si chiama Chiesa. Così noi scopriamo anche quale sia il valore di quel pezzo di Chiesa che esiste là dove noi abitiamo e che si chiama parrocchia, vale a dire la realtà dell’amore di Dio vicino a casa nostra (parrocchia, etimologicamente, vuol dire «vicino a casa»). È la Chiesa là dove io abito.
Attraverso questi capillari la Chiesa vive nel grande contesto del mondo intero. E ognuno di noi, come ricorda il profeta Isaia, è chiamato a essere «ricostruttore di case distrutte», di umanità distrutte. Ognuno di noi, là dove è, diventa tutti i giorni segno della bontà di Gesù, della Sua volontà di bene per l’uomo.
E come è importante vedere che tutto questo accade in Maria. Lei è stata scelta perché fosse e creasse la prima dimora di Dio nel mondo, il primo tempio di Dio nel mondo, del Dio vero e vivo; perché fosse la prima casa di Dio nel mondo. E Nazareth, la casa di Nazareth è il primo sviluppo di quella casa che è il seno di Maria, che è Maria. È il primo sviluppo di quella personalità investita totalmente per Cristo: fatta, esistente, viva, vivente, creativa, piena di grazia, perché Cristo sia riconosciuto.
E allora o Maria, dimora di Dio nel mondo, veglia come madre buona sul cammino che ci attende.

X Monsignor Giovanni Mosciatti
vescovo di Imola