“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza” (Is.52,7)

Carissimi, mai come quest’anno sentiamo le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato come urgenti e sempre più necessarie. Dentro la morsa di questa oscurità, di questa “ombra di morte” di cui ci parla la liturgia e che vediamo ogni giorno davanti a noi, l’unica risorsa che abbiamo è il grido del salmista: “Da dove mi verrà l’aiuto?” (Sal 120,1). Chi ha una risposta, una risposta esauriente a tutto ciò che accade? C’è davvero un luogo, reale, concreto dove sia possibile sperimentare ora una novità di vita?

Certamente questa novità non può nascere da noi, dato che siamo noi che dobbiamo essere liberati dalle nostre schiavitù. È necessario, pertanto, che la domanda resti aperta, che siamo attenti al reale, perché la risposta viene, la salvezza viene, in un segno, in un volto, in un fatto, in un luogo. Il Mistero di Dio non delude la nostra attesa, il nostro desiderio, Egli è puntuale all’appuntamento con chi lo cerca e lo invoca. Dice ancora il profeta Isaia (9,1), “il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”: Dio è fedele! Papa Francesco, nel suo messaggio per la 56a Giornata Mondiale della Pace, invita tutti a lasciare che “Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà”. Di fronte al male, alla guerra e alle tante contraddizioni del mondo di oggi, il Santo Padre ci ricorda che “anche se gli eventi della nostra esistenza appaiono così tragici […], siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente”.

Su cosa si poggia questa speranza? Un bambino. Sembra quasi folle a pensarci. La speranza del mondo si regge sulla cosa più fragile e indifesa che possa venire in mente. Paradossalmente, è usando della fragilità di questo bambino che Dio si immischia con la vicenda degli uomini. L’origine e il senso di ogni cosa, il Mistero che ha fatto ogni cuore, colmo di esigenze di verità, giustizia, felicità e amore, si è fatto bambino, è venuto tra noi. Non c’è un annuncio più atteso di questo nella storia di tutta l’umanità.

Eppure “eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” ci ricorda il Vangelo di oggi. Che mistero grande è la libertà dell’uomo.

Ma questo bambino è capace di rendere nuova ogni cosa e a coloro che lo riconoscono dona una esistenza nuova, una vita nuova. Ed oggi, oggi, in questo punto così fragile della realtà – che è la Chiesa – il Mistero si rivela ed entrando in comunione con le nostre vite, si rende visibile e incontrabile come vera possibilità di unità e di pace. Ci rende partecipi e portatori del suo nome nel mondo, ci rende collaboratori del suo disegno nel mondo. Allora, qualsiasi sia la nostra situazione di miseria, il Signore ha pietà di noi. Qui può nascere la letizia sui nostri volti. Il Signore è più forte del nostro male e trionfa in chi Lo cerca; non in chi non sbaglia, ma in chi si fida di Lui.

Il Signore non si dimentica di noi, è venuto perché ci ama, e così le nostre rovine, anche le peggiori dell’esistenza, sono destinate a rifiorire, a rinascere, perché su di esse si è posato lo sguardo del Signore, colmo di bene e di amore!

E’ nato “il Principe della Pace” come lo chiama il profeta Isaia. Gli uomini sono come sono, cattivi, bellicosi, sempre pronti a recriminare, ma se trovano uomini di buona volontà, che accolgono il Signore, con il perdono e con la pazienza si comincia già a vedere e sperimentare la profezia dell’apostolo Paolo, che “in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo, Egli infatti è la nostra pace, Colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne” (Ef 2,13-14).

Niente finisce con la morte, niente finisce col fallimento, niente finisce col conflitto o con la paura: tutto inizia da questo bambino, nato per noi, che sfida ciascuno di noi a dargli credito, a seguirlo. Venite e vedete.