Carissimi,
Siamo qui, in quest’ultimo gesto della grande settimana delle Rogazioni per chiedere al Signore di benedire, per intercessione di Maria, tutta la nostra comunità.
Nel cammino di ritorno al suo Santuario, l’amata Vergine del Piratello fa un’ultima sosta, decisiva, nel cuore della città: i monumenti, i palazzi e la lunga storia che li abita fanno della piazza il luogo dell’incontro, della responsabilità, del confronto e della diversità. E soprattutto, come ricordava un celebre scrittore italiano, Italo Calvino, “le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure”.
La Madre di Dio è qui, per ascoltare i desideri e guarire dalle paure: è questo il senso ultimo del rito della benedizione di questa città.
Molte volte, nella Sacra Scrittura la città è la protagonista: in diversi passi Dio appare come il costruttore della città (cfr. Is 49), di una città accogliente e protettiva, luogo di rifugio per tutti i popoli (cfr. Is 54, 2-3), nella quale diversità e pluralità non sono un disvalore, ma la fraterna convivenza di tutte le nazioni.
Si parla anche di una città che discende dal Cielo (cfr. Ap 21, 2) e che rivela che il Regno di Dio sorge in mezzo alla società umana non per dominare ma per servire, trasformando dei semplici abitanti in “concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2, 19).

La città siamo tutti noi! Nella città non ci sono “spettatori”, come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere: tutti nella città sono protagonisti, e il comportamento di ciascuno, nel male come nel bene, è ricchezza o povertà per gli altri. La città è fatta di volti, di storie personali, talvolta anche dolorose.

Accogliere la benedizione di Dio è allora un gesto d’amore per la propria città, perché significa aprirsi alla sua azione che desidera un luogo in cui l’amore sia libero, aperto agli altri, rispettoso della loro dignità, un amore che promuova il loro bene e irradi gioia e bellezza, una città nella quale la speranza ci liberi dalla superficialità, dall’apatia e dall’egoismo che invece mortificano la nostra vita e avvelenano i nostri rapporti.

La storia che abbiamo vissuto ci conforta nella speranza che il Signore conduce i nostri passi e sempre suscita testimoni di pace a cui guardare. Sabato 20 aprile scorso ne abbiamo avuto conferma all’udienza che papa Francesco ci ha concesso nell’aula Paolo VI nell’occasione dei 200 anni della morte del nostro Vescovo, Papa Pio VII.

Il Papa ci ha indicato i tre valori-cardine di cui Papa Chiaramonti è stato testimone, essenziali anche per i nostri cammini personali e comunitari: la comunione, la testimonianza e la misericordia. Mi ha molto colpito il suo richiamo perché ha descritto tre doni importanti da chiedere per tutti noi, tre punti importanti per il nostro cammino comune.
1. La comunione. Papa Pio VII ne è stato un convinto sostenitore e difensore in tempi di lotte e divisioni feroci, con ferite sanguinanti sia morali che fisiche. La sua pacata e tenace perseveranza nel difendere l’unità ci aiuta a guardare al nostro tempo, ad essere costruttori di unità nella Chiesa universale, in quella locale, nelle parrocchie e nelle famiglie: a fare comunione, a favorire la riconciliazione, a promuovere la pace, fedeli alla verità nella carità!
2. La testimonianza. Papa Chiaramonti è stato un annunciatore coraggioso del Vangelo, con la parola e con la vita. Abbiamo bisogno oggi di questa testimonianza reciproca: l’amore per la verità, l’unità, il dialogo, l’attenzione agli ultimi, il perdono, la ricerca tenace della pace. Testimoni tra noi e nelle nostre comunità di mansuetudine e disponibilità al sacrificio.
3. La misericordia. Pio VII fu un grande uomo di carità, fino a concedere ospitalità proprio ai familiari di quel Napoleone che pochi anni prima lo aveva fatto incarcerare.

Vogliamo chiedere alla Vergine Maria, nostra patrona, di poter essere testimoni di questa comunione e di questa misericordia e di accompagnare la nostra Chiesa anche nel cammino di preparazione all’evento di grazia del Giubileo 2025.
Quest’anno le solenni Rogazioni in onore della nostra Patrona, ci hanno coinvolto in una grande domanda di pace. Queste guerre, vicine e lontane, sembrano non finire mai. Desideriamo che Maria, nostra madre, ci aiuti a sconfiggere la radice di ogni guerra che abita in noi, la violenza, il pregiudizio, l’indifferenza che generano divisioni e favoriscono la guerra. Con la guerra davvero tutto è perduto, con la pace tutto è possibile.

O Maria, “sui cuori deserti dei potenti, sugli sguardi malvagi e indifferenti, spegni l’incendio della guerra sulla Terra Santa e solo la croce di salvezza sfolgori in quella luce mediorientale. Ferma la guerra tra la Russia e l’Ucraina, sorelle nello scrigno del tuo cuore, perché la neve, che è il tuo manto, faccia pace in quella terra al tuo comando”. Proprio con queste parole, che desideriamo far nostre, si è rivolto il card. Matteo Zuppi alla Madonna di San Luca l’altro giorno.
Maria è la “la benedetta che benedice”, e come tale ci preserva dal contagio dell’arroganza e dall’insinuarsi dell’amarezza, perché, come ricorda Papa Francesco, “solo da benedetti possiamo benedire gli altri con la stessa unzione d’amore”.
Per questo ci disponiamo, ora, alla benedizione, implorando di diventare noi stessi strumento di benedizione

+ Giovanni Mosciatti,
Vescovo della Diocesi di Imola